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Il Mio Blog

Autostima e Assertività: le Basi della Comunicazione Efficace

Come comunichi con gli altri?

Eviti di esprimere la tua opinione oppure la imponi?

Hai difficoltà ad assumerti le tue responsabilità?

Tendi ad esprimere le tue emozioni oppure subisci le decisioni altrui?

Queste sono solo alcune domande che possono aiutarci a comprendere maggiormente le modalità con cui stiamo in relazione con l’altro infatti, ognuno di noi adotta con una certa costanza un determinato stile comunicativo. Conoscere la modalità che adottiamo con maggiore costanza ci può aiutare a comunicare più efficacemente, migliorando la nostra autostima ed il senso di autoefficacia.

Per spiegare meglio di cosa stiamo parlando, vi descriverò i tre principali stili con i quali comunichiamo: lo stile assertivo, lo stile aggressivo e lo stile passivo, ognuno con le proprie caratteristiche.

Lo stile passivo ha come caratteristica principale la difficoltà ad esprimere le proprie opinioni o i propri sentimenti. La convinzione disfunzionale è di valere meno degli altri, di non esserne all’altezza. Chi ha uno stile passivo teme il giudizio altrui, imita e si conforma agli altri, fa fatica a dire di no e quindi ha difficoltà a rifiutare eventuali richieste, evita di proporre iniziative e di prendere decisioni. Inoltre, prova elevati livelli di ansia quando si trova in relazione con l’altro pertanto lo asseconda per evitare il conflitto e subisce spesso le situazioni con l’obiettivo di ottenere l’approvazione del proprio interlocutore. Infatti, la sensazione maggiormente provata è di sentirsi costantemente inadeguato pertanto la necessità primaria è di sentirsi accettati, spostando il focus sull’altro piuttosto che su sé stesso. Un tale atteggiamento comporta una mancata espressione delle proprie idee come delle proprie emozioni e può portare a sedimentare frustrazione, rabbia, tristezza, paura e senso di colpa. Lo stile espressivo caratteristico dello stile passivo è ricco di affermazioni vaghe ed incompiute e frequenti sono i richiami ai propri doveri e le espressioni di giustificazione e di autocommiserazione. Le strategie adottate sono l’evitamento ed il silenzio. Persistendo in questo atteggiamento, i problemi interpersonali non si affrontano, ma tendono ad aggravarsi con ripercussioni molto negative sulla propria autostima aumentando il senso di solitudine, di scarsa autoefficacia e di insoddisfazione generale.

Al contrario, lo stile aggressivo è caratterizzato dalla tendenza a dominare gli altri, con l’obiettivo di esaltare il proprio potere personale e sociale manipolando i comportamenti ed i pensieri altrui. Chi adotta questo stile comunicativo è concentrato sui propri bisogni e desideri prevaricando quelli altrui, evita di mettersi in discussione credendo di essere sempre nel giusto, scarica la propria responsabilità sull’altro ed ha convinzioni rigide ed irremovibili. Il tono dello stile aggressivo è autoritario, i ritmi sono rapidi e vi è la tendenza a sovrapporsi all’interlocutore con accuse e domande calzanti. La caratteristica principale è la competizione e la necessità di generare nell’altro paura e timore per sottometterlo. Chi adotta un atteggiamento aggressivo e si trova di fronte ad un interlocutore timoroso avrà dei vantaggi immediati poiché farà sentire gli altri svalutati e poco considerati; al tempo stesso, nel lungo termine, è probabile che collezionerà intorno a sé malumori, rabbia inespressa, insoddisfazioni ed avrà creato un clima di tensione e di rifiuto oltre a ritrovarsi in una condizione di isolamento sociale e stress.

Diversamente dai due stili sopra descritti, lo stile assertivo è caratterizzato dall’affermazione dei propri punti di vista, senza prevaricare, né essere prevaricati: è un punto di equilibrio tra l’aggressività e la passività poiché ci permette di utilizzare la modalità di comunicazione più adeguata al contesto in cui ci troviamo. L’assertivo è colui che definisce chiaramente la propria posizione, la svela senza ambiguità, la difende senza aggressività ed accetta un diverso atteggiamento da parte degli altri. Il tono è chiaro e pacato, la persona si mette sullo stesso piano del proprio interlocutore mostrando a lui interesse ascoltandolo attentamente. Chi adotta uno stile assertivo si assume la propria responsabilità, prende decisioni, ammette i propri errori, è in grado di rifiutare richieste che non lo aggradano ed accetta critiche. Il comportamento non è tanto volto ad evitare il conflitto in sé quanto ad una risoluzione positiva e funzionale per entrambi gli interlocutori.

Due caratteristiche principali dell’assertività sono l’ascolto attivo, quindi il mostrare interesse all’altro con domande e feed-back per comprendere realmente il messaggio che vuole inviargli e la critica costruttiva, che ha l’obiettivo di migliorare (non denigrare) uno specifico comportamento (non è quindi rivolto alla persona in sé;).

L’assertività è quindi la capacità di esprimere i propri sentimenti, di scegliere come comportarsi in un determinato momento/contesto, di difendere i propri diritti, di aumentare la propria autostima, di sviluppare una sana dose di sicurezza in sé, di esprimere serenamente un’opinione di disaccordo quando lo si ritiene opportuno, di portare avanti le proprie idee e convinzioni, rispettando, contemporaneamente, quelle degli altri.

Imparare ad adottare uno stile assertivo aiuta a migliorare le proprie relazioni sociali, migliora le capacità di ascolto e comprensione altrui, sviluppa maggiormente l’empatia e soprattutto, agisce in modo positivo sull’autostima.

Autostima e Assertività sono altamente interconnesse: senza una buona autostima, è difficile adottare un comportamento assertivo. Avere una buona visione di sé stessi ci permette di affrontare le difficoltà e le criticità con tenacia e positività.

Per sviluppare uno stile assertivo è innanzitutto importante comprendere ed analizzare i nostri comportamenti e le nostre emozioni nelle varie situazioni, valutando quali siano quelle in cui abbiamo maggiori difficoltà ad agire assertivamente e nelle quali adottiamo stili passivi o aggressivi. Successivamente è importante mettersi alla prova, cercando di agire nelle situazioni di difficoltà con, ogni volta, maggiore assertività entrando in contatto con le proprie emozioni, le proprie capacità ed i propri limiti. Un aiuto può essere allenarsi con l’immaginazione nelle situazioni in cui è complicato adottare uno stile assertivo e prendere come modello positivo persone che comunicano in modo efficace ed assertivo.

Sviluppare l’autostima ed uno stile assertivo aiuta a vivere più consapevolmente con sé stessi e con gli altri.

Concludo con una citazione di R.W. Emerson “L’unica persona che sei destinato a diventare è la persona che decidi di essere”.

Endometriosi: Disturbo Fisico e Psicologico

Marzo è il mese sensibilizzazione verso l’endometriosi pertanto vorrei parlarvi della mia malattia.

Ho scoperto di averla circa un anno fa; malattia a me sconosciuta, l’avevo sentita nominare ma non ero a conoscenza di cosa fosse realmente.

Ogni giorno scopro ragazze e donne che ne soffrono, sempre di più. Si sta spargendo a macchia d’olio e sono convinta del fatto che sia sconosciuta a tanti, mentre trovo FONDAMENTALE che ogni donna, soprattutto giovane, ne sia informata, per prevenirla e riconoscerla.

:(AD OGGI NE SOFFRONO 1 DONNA SU 10.

Ora vi parlerò di lei, di quella che chiamano “tumore bianco”...si perché dovete sapere che non è una malattia che uccide, al tempo stesso, se non tenuta sotto controllo e curata con la giusta terapia, si espande, come una metastasi, ad altri organi (vescica, retto, tube, polmoni, reni, intestino etc.) provocando dolori agghiaccianti e insopportabili.

Vi copio una breve introduzione medica direttamente dal sito www.endometriosi.it, nella quale potete trovare la descrizione completa e dettagliata e dove sono anche elencati i vari tipi di endometriosi, cause, diagnosi e conseguenze della malattia:

“L’Endometriosi è una malattia femminile, determinata dall’accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dall’utero. Solitamente le cellule endometriali dovrebbero trovarsi all’interno di esso. Questa anomalia determina nel corpo infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile, che si manifesta tramite forti dolori e sofferenze intestinali. I principali sintomi dell’endometriosi sono caratterizzati da dolori molto intensi durante il periodo mestruale e premestruale (dismenorrea) e nel periodo dell’ovulazione, insieme a dolori pelvici cronici, dolore nei rapporti sessuali, stanchezza fisica cronica. In una bassa percentuale dei casi l’endometriosi può essere asintomatica. L’endometrio, situato in sede anomala, subisce gli stimoli da parte degli ormoni ovarici e si comporta come la normale mucosa uterina.”

Fin qui sembra una descrizione stitica e fredda della malattia...al tempo stesso, l’endometriosi non è solo una malattia fisica, ma si tratta soprattutto di qualcosa che colpisce l’identità femminile, in tutte le sue dimensioni: individuale, relazionale, sessuale e sociale.

Per farvi capire, riassumo brevemente ciò che una donna che soffre di endometriosi si trova ad affrontare:

-dolore persistente e invalidante che limita la vita sociale e quotidiana;

-disturbi del sonno;

-difficoltà e dolore nei rapporti sessuali e possibilità di sterilità: infatti, l’endometriosi è tra le prime cause di infertilità nella donna quindi ne conseguono innumerevoli tentativi di rimanere incinta naturalmente, tentativi di gravidanza assistita etc.;

- conseguente possibile crisi di coppia (vedi sopra le motivazioni);

-assenteismo sul posto di lavoro causa dolori e visite mediche;

-costi elevatissimi di cura: esami diagnostici, cura farmacologica (alcune pastiglie costano quasi 60€ al mese), alimentazione specifica (per lo più composta da alimenti dal costo elevato...es. farina di Kamut da 6€ al kg)

-Dulcis in fundo: avere a che fare con persone (amici, parenti, colleghi, partner, datori di lavoro e talvolta anche medici inesperti che non capiscono e mancano di empatia...facendo pesare la malattia e non credendo ai sintomi che la donna lamenta... le donne affette da endometriosi spesso si sentono ripete queste frasi:

“In molte hanno il ciclo doloroso”

“Stai sempre male, dillo che non ha voglia di lavorare!”

”Non ti chiedo di uscire perché tanto stai sempre male e ti lamenti sempre!”

“Non sei l’unica ad avere dei problemi!”

“Bhe dai, sei stata fortunata, c’è di peggio!”

FORTUNATA...DI CHE? Ho vinto al Superenalotto? Sono al lunapark? Lo devo ritenere un dono?

Secondo voi...psicologicamente, come si sta?

Le donne affette da endometriosi sono maggiormente a rischio di sviluppare disturbi dell’umore (depressione maggiore e bipolarità;), ansia, disturbi di adattamento, elevati livelli di stress cronico. A giocare un ruolo rilevante è anche il dolore cronico, che porta ad una maggiore sensibilità al dolore per l’instaurarsi di meccanismi di ipersensibilità centrale, riduzione della soglia del dolore e disturbi psicologici associati.

La donna affetta da endometriosi sviluppa una rappresentazione psichica di sé carente e deficitaria, rappresentazione che va a incidere negativamente sulla vita della donna. I fattori che accentuano il disagio psicologico sono: l’iter diagnostico (lungo, troppo lungo a volte), la possibile diagnosi di sterilità e l’iter terapeutico.

Le pazienti affette da endometriosi attuano meccanismi di difesa al fine di elaborare i vissuti inerenti alla malattia, simili ad un lutto, e all’elaborazione delle emozioni e sensazioni come vergogna, senso di colpa, rabbia, sentimenti di inadeguatezza, senso di inferiorità, frustrazione, affaticamento, isolamento sociale, senso di abbandono. Inoltre, oltre quanto già detto, la donna vive costantemente nella paura: paura di non farcela, paura dell’intervento, paura di diagnosi più gravi della malattia, paura dell’infertilità, paura di essere lasciata sola, paura di non essere ascoltata e capita, paura di non essere all’altezza.

La donna quindi vive una profonda ferita narcisistica, che invade il suo essere persona, il suo essere donna, il suo senso di femminilità e di maternità.

È evidente l’importanza di un lavoro di sostegno psicologico, nell’immediato, successivo alla diagnosi e a lungo termine, che possa prendere in carico il tema della accettazione della malattia, del dolore, della terapia farmacologica, della gestione relazionale e personale dei sintomi al fine di rendere possibile un processo di accettazione e revisione funzionale della vita dopo la malattia.

Se avete il dubbio di soffrire di endometriosi, vi lascio il link in cui fare un’autovalutazione: http/www.endometriosi.it/la-fondazione/fai-lautotest/

Inoltre, vi allego le attività presenti su tutto il territorio nazionale Italiano nel mese di Marzo per la sensibilizzazione verso l’endometriosi: https/www.apeonlus.it/attivita/

Grazie per aver letto e, spero, aver compreso. ❤️

La Paura Dell'Amore

Ritrovo spesso intorno a me persone che mostrano la cosiddetta “paura di amare”, di creare relazioni stabili e durature, autosabotandosi a tal punto di arrivare a credere che l’amore non possa far parte della propria vita.

Cosa c’è sotto a questo timore di legarsi all’altro?

La paura dell’amore spesso sottende altri tipi di paure, più specifiche, che rimangono nascoste e che rivelano molto dell’esperienza vissuta dalla persona, della sua personalità e delle sue ferite emotive.

Chi ha paura di amare spesso teme il giudizio dell’altro, teme di non essere all’altezza ed ha paura di deludere l’altro. Si tratta di insicurezza, bassa autostima che si riversano nella relazione intima. L’altro diventa lo specchio dei giudizi che abbiamo nei confronti di noi stessi, aumentando così la paura ed il senso di inadeguatezza.

La paura dell’amore implica anche timore di provare emozioni “troppo” forti, perdere il controllo e insieme ad esso i propri spazi, la propria individualità quindi vivere una sorta di simbiosi nella quale sentirsi imprigionati. L’amore passa attraverso diverse fasi: inizialmente, nella fase dell’innamoramento, si può provare questa “simbiosi”, di dipendenza affettiva, questo sentirsi indispensabili alla vita uno dell’altro e sentirsi mancare il respiro quando l’altro è lontano. Importante è sapere che nelle fasi successive una relazione sana arriva ad una sorta di interdipendenza, dove l’altro è importante nella nostra vita al tempo stesso si può continuare a mantenere i propri spazi, hobby individuali e sentirsi

un IO nel NOI.

Instaurare una relazione con l’altro significa entrare in intimità: conoscere, condividere, rendersi vulnerabili spesso spaventa. Mostrare le proprie debolezze e scoprire le proprie ferite significa anche correre il rischio che l’altro ci possa fare del male, pertanto l’istinto può dirci di proteggerci.

Infine, entrare in relazione presuppone anche la possibilità di perdere l’altro. La difficoltà a gestire le chiusure, a gestire le emozioni derivanti da una rottura deriva dalla possibilità di riaprire cicatrici scarsamente rimarginate, richiamando alla mente situazioni di perdita e di abbandono provate in tenera età, perciò la persona tende all’evitamento: pur di non riprovare quelle emozioni dolorose, evita di relazionarsi all’altro.

Se la paura di amare è così forte da creare disagi nella vita privata e nella coppia, è consigliabile rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

L’amore è uno dei sentimenti più belli che si possano provare, unisce corpo e anima, è un peccato privarsene.

Photo: Scrivilo sui muri

Invidia: Cattiveria o Sofferenza?

“Non è sufficiente che io abbia successo. Gli altri devono fallire.” Gore Vidal.

Oggi vorrei soffermarmi a riflettere su quante persone sprecano tempo ed energia a nutrire invidia verso gli altri, a sminuire o minare la felicità altrui, a fare del "male" per sentirsi migliori e compensare alle proprie mancanze o incapacità, piuttosto che trovare le strategie e investire forze necessarie per coltivare la propria felicità.

Quando ci troviamo ad essere il bersaglio dell'invidia altrui, spesso l'obiettivo, il più delle volte raggiunto, è quello di farci sentire esclusi, inadeguati, sbagliati...sentimenti che ci portano a chiederci "Perché? Cosa ho fatto per meritarmelo?".

Per rispondere a queste domande partiamo dal principio.

DA COSA NASCE L'INVIDIA?

L'invidia nasce dalla relazione, dal confronto con l'altro, modalità tramite cui affermiamo noi stessi.

Esistono due tipi di invidia: quella sana, tramite cui il senso critico viene utilizzato per comprendere come vorremmo essere e il confronto con l'altro è utilizzato come stimolo per porsi obiettivi, migliorarsi e crescere.

Al contrario, nell'invidia malsana, dal confronto nasce il sentimento di mancanza e di negatività verso sé stessi e verso gli altri. Spesso, sotto l'invidia si celano anche sentimenti come odio, rabbia, impotenza, inadeguatezza e inferiorità nei confronti dell'altro.

Il termine latino in-videre significa "guardare con ostilità, guardare contro".

Per noi, l'invidia risiede nel provare risentimento per la felicità, il successo e il benessere altrui, sentendosi esclusi da tali possibilità oppure volendo esserne l'unico beneficiario.

Nella psicologia dell'invidia, chi la prova vive in un continuo stato di insoddisfazione, pena e sofferenza. Per questo, tutte le risorse e le potenzialità non vengono utilizzate per fare del bene a sé stessi, ma impiegate per sminuire e svalutare l'altro, impedendo a se stessi di instaurare relazioni sane e positive e rimanendo bloccati nel risentimento, nella vergogna, nella scarsa fiducia di sé e nella bassa autostima che impediscono la crescita e il benessere personale.

COME SI COMPORTA CHI PROVA INVIDIA?

Talvolta, chi prova questo sentimento ne è inconsapevole.

Solitamente, sono persone che criticano, giudicano e si lamentano in continuazione dei comportamenti altrui. Trovano difetti e punti deboli nelle persone che hanno preso di mira e spesso lo fanno in pubblico o con la maggior parte della gente con cui entrano in contatto.

Sono persone che sminuiscono o non partecipano ai successi altrui, anche degli amici più cari.

Difficilmente si concedono complimenti all'altro e nel momento del successo altrui solitamente scompaiono improvvisamente con scuse oppure lo elogiano in modo forzato. Sono persone che, conoscendo le debolezze e ciò che fa soffrire l'altro, cercheranno di usarle a loro vantaggio.

Questi comportamenti portano nella "vittima" un grande dolore e senso di inadeguatezza che si tramuterà in un senso di disagio e indecisione rispetto al comportamento più idoneo da adottare in queste situazioni.

Quindi...

COME COMPORTARSI IN QUESTE SITUAZIONI?

Quando l'invidia entra a far parte delle vostre relazioni, anche in quelle più strette e "idealizzate", la prima cosa sensata da fare, onde evitare di incorrere in conseguenze dannose, è prendere tempo, stabilire una sana distanza e ristabilire gli equilibri.

Importante è evitare di cadere nelle provocazioni, quindi di far ripagare con la stessa moneta chi ci ha fatto soffrire. Infine, è necessario comprendere come l'invidia sia un sentimento umano e che la vittima dell'invidioso è proprio sé stesso e la sua bassa autostima.

Ignorare, seppur con dolore, i comportamenti altrui permette di essere meno vulnerabili e meno attaccabili.

Se la persona invidiosa è a voi legata affettivamente, potete provare a parlarle dei vostri sentimenti e delle vostre sensazioni in modo sincero, facendole capire che abbiamo compreso la sua difficoltà e che siamo disponibili ad aiutarla.

CONCLUDENDO...

La psicologia dell'invidia ci insegna che questo sentimento può essere sia negativo sia positivo e ci dà la possibilità di guardare a questa in termini di opportunità e produttività.

L’invidia non va nascosta a noi stessi, non dobbiamo esprimerla in maniera ostile, non deve abbatterci, non deve sopravvalutare la felicità altrui e sottovalutare la nostra posizione.

Gestire l’invidia costruttivamente vuol dire riconoscerla ed esprimerla sviluppando la capacità di ironizzarci su, di ridere di sé, di esaminare i propri pensieri di inferiorità per scoprire da dove hanno origine in modo da conoscerci meglio. Vuol dire relativizzare i vantaggi dell’altro, esaminare i propri eventuali pensieri di superiorità ed evitare di provocare a nostra volta l’invidia negli altri.

“L’invidia nasce quando uno è desideroso, ma non ha prospettive” ha scritto Nietzsche, dunque scopriamo i nostri obiettivi e impegnamoci a trasformare i limiti in risorse, per una accettazione incondizionata di noi stessi.

"Dallo psicologo ci vanno i matti!": Falsi Miti e Credenze.

Quando Andare dallo psicologo e perché.

C’è sempre un alone di negatività nelle credenze comuni che avvolge la figura dello psicologo, tuttora visto come il dottore che “cura i matti”. Quante volte, presentando la mia professione, mi è capitato di sentirmi dire “ah ma io non ho bisogno dello psicologo, ce la faccio da solo”, oppure “non credo nel tuo lavoro, alla fine ascoltate solo le persone, lo può fare anche un amico”, mostrando (più a sé stessi che a me) l’idea di “invincibilità”, di essere più forte e migliore degli altri e lasciando intuire che la maggior parte delle persone non ha ben chiaro quale sia il percorso formativo e il ruolo dello psicologo. Lo psicologo non è solo colui che ha a che fare con le malattie psichiatriche ma si occupa anche di “quotidianità”, di problematiche e disagi legati al lavoro, alle relazioni, a sintomi che disturbano il nostro benessere psicofisico.

Compito dello psicologo è di aiutare la persona a superare le sfide a cui la vita ci sottopone ed aumentare il senso di autoefficacia, autostima e fiducia in sé stessi, negli altri, e nel proprio ambiente. Lo psicologo ci permette di apprendere strategie e strumenti per fronteggiare le situazioni problematiche della vita che attualmente non possediamo (non perché siamo stupidi, sia chiaro, ma perché nessuno ce le ha insegnate per svariati motivi legati alla nostra storia personale e familiare. E ricordiamolo, nessuno nasce imparato, c’è sempre qualcosa in cui siamo carenti).

Innanzitutto è necessario sottolineare che TUTTI, nell’arco della vita, affrontano situazioni di MALESSERE PSICOLOGICO e NON E’ indice di pazzia e non c’è nulla di cui vergognarsi o da cui essere spaventati. ANDARE DALLO PSICOLOGO NON E’ UNO STIGMA SOCIALE.

Ora vediamo quali possono essere i casi e le situazioni in cui una persona può domandarsi se è il caso di intraprendere un percorso psicologico.

1- IDEE E SENTIMENTI NEGATIVI: stiamo male con noi stessi, non ci piacciamo e ci sottovalutiamo in continuazione. Rabbia, tristezza, angoscia , solitudine sono i sentimenti predominanti insieme a idee catastrofizzanti e paure irrealistiche sul proprio futuro che hanno ripercussioni significative sulla vita quotidiana e sul rapporto con sé stessi e gli altri. Con l'aiuto psicologico si possono capire le cause del proprio malessere ed aiuta ad accettarsi e sentirsi in maggiore sintonia con sè stessi.

2- LUTTI ED EVENTI TRAUMATICI: può essere difficile superare la situazione o tornare alla “normalità” dopo un lutto o un evento che ha segnato significativamente la nostra vita, quindi il sostegno di uno psicologo può aiutare a ristabilire un equilibrio psichico.

3- ABUSO DI SOSTANZE: droghe, alcool, tabacco o farmaci possono farci entrare in un circolo vizioso da cui è davvero difficile uscire e possono seriamente danneggiare il nostro organismo. Lo psicologo è un valido alleato insieme ad altri professionisti per uscire dalla dipendenza (NB: anche sesso e cibo sono dipendenze!!).

4- CAMBIAMENTI DI VITA: nella vita spesso ci troviamo ad affrontare cambiamenti sia positivi sia negativi che talvolta influiscono significativamente sul nostro benessere. Quando sono caratterizzati da sbalzi d'umore e alterazioni del comportamento esagerati rispetto alla situazione e inspiegabili a noi stessi richiedere aiuto ad uno psicologo può essere una risposta per ristabilire il nostro equilibrio e sperimentarsi in uno spazio diverso da quelli che caratterizzano la nostra quotidianità.

5- STRESS E TENSIONE: mancanza di concentrazione, attenzione carente, disturbi del sonno, alterazioni dell'appetito e umore variabile caratterizzano le vostre giornate. Le cause sono spesso ritrovabili nella quotidianità di ognuno, nel lavoro, negli impegni scolastici/universitari, nei rapporti sociali e familiari. Talvolta queste preoccupazioni incidono sulla nostra capacità di raggiungere obiettivi, di portare a termine compiti e di sentirci adeguati e competenti in ciò che facciamo. Lo psicologo aiuta a ridurre ed eliminare la sensazione di disagio mobilitando e sfruttando le risorse che ognuno di noi possiede per ritornare ad una vita maggiormente armonica, soddisfacente ed appagante.

6- MIGLIORARE SÈ STESSI E CONOSCERSI MEGLIO: rivolgersi ad uno psicologo favorisce una crescita interiore personale, aumenta l'autostima, il senso di autoefficacia, l'assertività e permette una maggiore consapevolezza di sè stessi che porterà ad un miglioramento nel nostro modo di relazionarci con gli altri, sia nella sfera privata sia lavorativa, nella capacità di prendere decisioni e trovare soluzioni alternative ai problemi e conoscere e gestire al meglio le nostre emozioni e sensazioni.

Ora che hai letto queste motivazioni...hai cambiato idea? Spero di sì!


FOTO: DOTT. EPIFANI

Le Facce Dell'Amore

Come Diceva Tolstoj "Se è vero che ci sono molte menti quante sono le teste, poi ci sono tanti tipi di amore come ci sono i cuori".

L'amore è un argomento appassionante e stimolante, di cui si sono occupati i più grandi filosofi, scrittori e musicisti. Nell'ambito della psicologia, lo psicologo americano Sternberg ha sviluppato la teoria dell'amore triangolare, in cui parla delle relazioni e delle diverse sfaccettature dell'amore.

Secondo l'autore, l'amore è composto da tre dimensioni fondamentali: intimità, passione e impegno/decisione.

L'intimità si riferisce alla fiducia, alla condivisione, alla necessità e alla ricerca della vicinanza dell'altro ( aspetto più emotivo).

La passione riguarda la ricerca di unione fisica ed emotiva con l'altro, il desiderio sessuale, l'attrazione fisica ma anche il desiderio di dominio e sottomissione dell'altro (aspetti più impulsivi).

Decisione (di amare qualcuno) e Impegno (mantenere la relazione) sono la volontà e la responsabilità di mantenere il legame e il sentimento (aspetto più razionale).

Sulla base di queste dimensioni, l'autore sviluppa 7 tipi di relazioni:

1- SIMPATIA: caratterizzata da intimità, confidenza, calore e unione senza passione e impegno/decisione. E' tipica dei rapporti di amicizia e solitamente è la relazione più duratura a livello temporale.

2- INFATUAZIONE: c'è passione ma mancano intimità e impegno/decisione. Solitamente è alla base dei rapporti di amore a prima vista, delle prime fasi dell'innamoramento e delle relazioni brevi e scontate, nella quale vi è una sorta di idealizzazione dell'altro senza una sua reale conoscenza. Il rapporto termina quando uno dei due partner si scontra con la disillusione dell'altro.

3- AMORE VUOTO: caratterizzato da impegno e decisione senza intimità e passione. Tipica delle relazioni arrivate al capolinea, delle crisi di coppia, nella quale i partner stanno insieme solo per far fede all'impegno preso in precedenza o per questioni familiari (figli, questioni economiche etc.).

4- AMORE ROMANTICO: caratterizzato da passione e intimità e mancanza di decisione/impegno. Ci si gode la presenza reciproca, senza una reale intenzione di rendere progettuale la relazione. Solitamente sono rapporti che si interrompono di fronte ad ostacoli e avversità.

5- AMORE-AMICIZIA: ci sono intimità e impegno/decisione senza passione. E' alla base delle relazioni che durano da molto tempo e delle coppie più mature. Il desiderio sessuale è scomparso ma rimane un forte legame emotivo e la volontà di mantenere il rapporto sulla base della fiducia, della condivisione e della vicinanza reciproca.

6- AMORE FATUO: è fatto di passione e impegno/decisione senza intimità. Solitamente è alla base di rapporti dettati da decisioni impulsive e sull'onda dell'infatuazione senza una reale conoscenza reciproca e tipico di persone insicure/dipendenti. La decisione di stare insieme nasce dal desiderio sessuale ma la relazione tenderà a vacillare e rishcierà di frantumarsi di fronte alla consapevolezza di un impegno non sentito.

7- AMORE VISSUTO: comprendere tutte le componenti dell'amore, quindi è caratterizzato da intimità, passione e impegno/decisione. E' l'amore a cui tutti aspirano, l'amore ideale (ma non impossibile!) e duraturo nel tempo.

Secondo una ricerca effettuata dall'Università di Santiago De Compostela, l'intimità è la componente fondamentale di ogni tipo di relazione, secondo sia il parere degli uomini sia delle donne. Rispetto alla passione, gli intervistati affermano che sia difficile trovarsi in completa sintonia nei sentimenti passionali con l'altro. Inoltre, affermano che la passione tende a perdersi nel tempo. Infine, riguardo all'impegno e alla decisione, sembra che le donne si aspettino un livello maggiore d'impegno nel tempo rispetto agli uomini.


E tu, in quale amore ti ritrovi?

Ansia: Questa (S)conosciuta!

Alzi la mano chi nella vita non hai mai affermato "Ho un'ansia in questo periodo!", senza rifletterci troppo, senza conoscere realmente cosa sia, da dove nasca e quali sintomi provochi l'ansia?

Facciamo un po' di chiarezza...

Partiamo dal presupposto che l'ansia è una reazione naturale ed adattiva del nostro corpo che si prepara ad individuare ed affrontare situazioni di pericolo. L'ansia diventa clinicamente rilevante nel momento in cui le reazioni ansiose diventano generalizzate e si presentano in situazioni "neutre".

L'ansia può essere causata principalmente da fattori di tipo Psicologico (traumi, insuccessi, litigi, separazioni, lutti, matrimonio, nascita di un figlio, eventi importanti, scarsa capacità di adattamento), di tipo Biologico (problema ereditario legato alla bassa stimolazione dei recettori GABA, responsabili della sedazione dell'ansia), Malattie Croniche e Assunzione di Sostanze.

È necessario fare una distinzione tra ANSIA e PAURA: la paura è una reazione funzionale ad affrontare un pericolo immediato mentre l’ansia si pone come obiettivo l’affrontare una preoccupazione sulla verificabilità di un evento futuro. Anche la paura ha un valore adattivo per l'umore poiché è fondamentale nella risposta di “attacco o fuga”, che ci permette di mobilitare tutte le nostre risorse per affrontare la minaccia o, in alternativa, fuggire da essa.

I disturbi d’ansia differiscono dalla normale paura o ansia evolutive perché sono eccessivi o persistenti (durano tipicamente 6 mesi o più;) rispetto allo stadio di sviluppo. Molti disturbi di ansia si sviluppano in età infantile e persistono anche in età adulta quando non sono adeguatamente trattati. Solitamente ne soffrono maggiormente le donne rispetto agli uomini.

I maggiori disturbi d'ansia, secondo il DSM 5, si possono suddividere in: disturbo d'ansia da separazione, mutismo selettivo, fobia specifica, disturbo d'ansia sociale, disturbo di panico, agorafobia, disturbo d'ansia generalizzato.

In questo breve articolo, non entreremo nei dettagli di ogni disturbo ma descriveremo in generale la sintomatologia che solitamente accompagna l'ansia, la quale si può riassumere in:

facile affaticabilità,

tachicardia,

tensione muscolare,

intestino irritabile,

difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria,

irritabilità,

irrequietezza ("mi sento i nervi a fior di pelle"),

alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi, a mantenere il sonno durante la notte o ad avere un sonno sano e ristoratore),

impotenza/frigidità,

eiaculazione precoce.

Esistono rimedi naturali, da assumere in gocce o tisane, che possono risultare utili per trattare un'ansia leggera e passeggera che provocano effetti rasserenanti, rilassanti e sedativi sul corpo e sulla mente come la Passiflora, la Valeriana, la Melissa, l'Escolzia, il Biancospino e il Tiglio.

Nel momento in cui l'ansia e la preoccupazione diventano clinicamente significative possono causare menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo e relazionale. In questo caso è consigliabile intraprendere un percorso di psicoterapia con l'obiettivo di individuare e ridurre/eliminare il sintomo ansioso debilitante.

Dormire: conseguenze del dormire male e come avere un sonno ristoratore.

A quasi tutti è capitato di passare alcuni periodi di vita, probabilmente legati ad eventi problematici e stressanti, in cui si è dormito poco. 

Come ci siamo sentiti? Stanchi, nervosi, agitati, vulnerabili e con frequenti sbalzi d'umore.

Partiamo dal presupposto, come tutti sappiamo, che bisognerebbe dormire circa 7-8 ore a notte per mantenere uno stato ottimale a livello fisico e mentale.

Ma entrando nello specifico, cosa accade quando non si ha un sonno ristoratore?

1-PROBLEMI DI MEMORIA E DI CONCENTRAZIONE: è più difficile apprendere e consolidare nuove cose e abilità oltre ad essere distratti da più stimoli;

2-L'ASPETTO FISICO NE RISENTE: chi dorme poco appare più triste e meno attraente. La pelle invecchia più velocemente, in particolare i segni della mancanza di sonno sono visibili sul viso;

3-IL SISTEMA IMMUNITARIO È PIÙ DEBOLE: il rischio di ammalarsi si moltiplica, soprattutto rispetto influenza, raffreddore e infezioni alle vie respiratorie;

4-AUMENTA LA FAME NERVOSA: si attiva il desiderio di mangiare in modo incontrollabile aumentando il rischio di obesità;

5-AUMENTA IL RISCHIO DI INFARTO, DI PROBLEMI CARDIACI E DI MALATTIE CANCEROGENE: la mancanza di sonno aumenta l'ostruzione delle arterie, l'ipertensione e la possibilità di forme cancerogene come adenomi colon-rettali e tumore al seno;

6-MAGGIORE EMOTIVITÀ: le emozioni e le reazioni sono incontrollabili quindi si ha difficoltà a produrre risposte sensate, controllate e nel giusto contesto;

7-SPERANZA DI VITA PIÙ BREVE: il rischio di mortalità è aumentato per chi dorme meno di 6 ore a notte.

Queste conseguenze dimostrano gli effetti della mancanza di sonno sul nostro benessere psicofisico quindi sottolineano l'importanza del dormire bene e in quantità sufficienti. Chi dorme meglio ha una vita più lunga è più salutare.

Dormire bene ed in quantità sufficiente è elemento fondamentale per la nostra salute psicofisica.

Spesso, le cattive abitudini influiscono con il sonno e ci impediscono di dormire bene, causando anche insonnia.

Ecco qualche semplice consiglio per migliorare la qualità del sonno.

1-DORMI IN UN AMBIENTE CHE SIA IL PIÙ BUIO POSSIBILE ED EVITA I RUMORI: Spegni TV, cellulare, luci led e computer. Il buio aumenta la secrezione di melatonina nel corpo, ormone che ci permette di sentire il senso di stanchezza e di sentirci assonnati.

2- CENA ALMENO 3 ORE PRIMA DI CORICARTI: la digestione lenta potrebbe impedirti di addormentarti velocemente e dormire bene.

3- EVITA BEVANDE STIMOLANTI E ALCOL PRIMA DI DORMIRE: caffè, Coca-Cola e bevande alcoliche stimolano il tuo organismo impedendo un sonno ristoratore.

4-FAI ATTIVITÀ FISICA DURANTE IL GIORNO MA LONTANO DALL'ORA DI ANDARE A DORMIRE: l'adrenalina scatenata dall'attività fisica e l'aumento della temperatura corporea attivano il nostro corpo invece di rilassarlo.

5-FAI UN BAGNO CALDO: la temperatura del corpo durante il bagno si innalza e successivamente si abbassa conciliando il sonno.

6- USA IL LETTO SOLO PER DORMIRE: evitare di utilizzare il letto per studiare, lavorare, guardare la TV è fondamentale perché il nostro cervello avrà meno difficoltà a collegare il letto solo con il sonno.

7- VAI A LETTO E ALZATI PIÙ O MENO SEMPRE ALLA STESSA ORA: il nostro orologio biologico ha bisogno di stabilità e avere un ritmo regolare permette di dormire meglio ed essere più attivi durante il giorno.

8-STACCA LA SPINA E RILASSA LA MENTE: utilizza tecniche di meditazione e di respirazione per rilassare la mente ed il corpo, contribuiranno a calmare le nostre onde cerebrali favorendo così un sonno profondo.

9-BEVI UNA TISANA: sono consigliate bevande a base di melissa, passiflora, tiglio e valeriana. Se si soffre anche un po' di ansia, provare con il biancospino.

Nel caso in cui l'insonnia sia cronica o incida significativamente sulla vostra vita, è consigliato un supporto psicologico.

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